sabato 19 gennaio 2013

Il Frankenstein elettorale

 
Nella notte più buia della Repubblica Italiana,mentre crollava tutto, in un caveau di palazzo,  una cerchia di folli e psicolabili si riunivano per compiere un esperimento epocale, che avrebbe cambiato la storia del Paese. Il progetto era a metà tra il crimine e la genialità, e poco importava dell'etica e del giuramento di Ippocrate.
Diedero vita al  Frankenstein elettorale. Il suo corpo politico venne assemblato dai becchini del parlamento, che racimolarono qua e là brandelli di lobbysti e conservatori di vecchia data. Una volta che tutti i pezzi furono trovati, e raggruppati su un bancone di legno di castagno, toccò al Capo degli Scienziati l'infame compito di dare vita all'inerme, di fare forma all'informe. Il suo fu un tocco divino, che di colpo mise in moto la perfetta macchina biologica dell'essere. Per molti fu più che un padre, ma più verosimilmente un creatore.
Deus ex machina.
 
Il Frankenstein elettorale, metà politico e metà tecnico, venne battezzato in un giorno di novembre, con un bagno di folla e di demenza. Il suo elefantismo conclamato ed il suo aspetto mostruoso, furono perdonati dal piccolo-popolo della domenica, nel nome della pietas e dei suoi modi sobri e mansueti.
La creatura, moderno Prometeo della democrazia, stretto nella cerchia della elite borghese, nel morboso abbraccio della propaganda massiva, difeso dalla voce grossa dell'Europa degli scienziati; crebbe. E mentre cresceva credette davvero di essere amato dagli altri, nonostante la sua spudorata diversità.
Poi un giorno il suo creator lo rinnegò (come si rinnegano gli errori), disconoscendo la paternità di quel mostro, che ormai era cresciuto troppo anche per lui. Nessuno poteva più accettare quella aberrazione semantica, nessuno voleva più l'ingombrante presenza del tecnocrate di Bruxelles.
 
Da quel giorno, così, il moderno Prometeo della democrazia vendette la sua anima al diavolo per poter essere come tutti gli altri. Un politico senza se e senza ma. Un bugiardo cronico, che stringeva mani e si pavoneggiava dinanzi la macchina del One-man-show.
Il Frankenstein elettorale, ormai autosufficiente, poteva finalmente compiere la sua finale mutazione, pronto ad essere conductor in mare e in cielo, oracolo di una terra senza limiti e senza poesia.
 
(N.B. quello riportato è un racconto frutto di fantasia, che poco attiene alla realtà delle cose)

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