martedì 8 gennaio 2013

il Kitsch è la negazione assoluta della merda !

 
[N.B. l'articolo che mi appresto a scrivere, voleva essere in principio una riflessione sulla situazione delle carceri italiane -e forse non solo- nel tentativo di comprendere, quali fossero le radici della sua indiscussa ineguadezza. Ho chiesto il vostro aiuto, ho cercato di informami il più possibile per restituire un quadro approssimativo e credibili. Ma non sono (per fortuna, vostra) un giornalista, e non saprei come scrivere di un argomento così paludoso, non saprei come invastire un discorso che possa sbrogliare la matassa. Quindi, trovandomi nel vicolo cieco dell'argomento, mi rifurio in una letteratura estrema e surreale, che quindi vi prego di non prendere sul serio (ma vi rendete conto di che nome ho,cioè). Sperando che tale divagazione, possa se non rispondere, almeno pizzicare i nervi scoperti di un dramma tutto italiano.
 
C'è un solo modo per risolvere il problema delle carceri (sovraffollate, lercie, disumane). Non è la riforma della giustizia, nemmeno l'amnistia; non è nemmeno la lunghezza dei processi, e la marginalità sociale degli ultimi (masse popolari, immigrati, tossici).
Il modo più semplice per riolvere il problema, è istituire l'anno di carcere obbligatorio per tutti gli architetti. Supponiamo che appena laureato, un giovane architetto, venga prelevato di forza (manco fossero filgi Spartani) e fosse buttato nel terribile calderone degli istituti penitenziari. Vivere in quelle celle stipati-stipati come le bestie, lavarsi in doccie approssimative, e dover cacare in cella mentre di notte si balla e si banchetta con i Ratti.
Una volta usciti dall'anno di carcere obbligatorio, i nuovi architetti incominicierebbero finalmente a pensare quale debba essere l'architettura di una prigione, pensare di che spazi ci sia bisogno e come questi spazi debbano essere. Finalmente i grandi maestri della città, costruiranno un archetipo di carcere moderno, funzionale, a misura d'uomo, con un carattere e una dignità propria. Il carcere allora sì che diventerebbe una Istituzione reale (come un teatro, un museo, un palazzo di giustizia), luogo che rappresenta sè stesso, le sue endemiche realtà e problematiche, le sue reali intenzioni civili. E anche se non fosse così, agli architetti in fondo un anno di carcere, non farebbe che bene.




Allora come dovrebbe essere progettato un carcere; domanda terribile (per ogni architetto, si intende). Il primo architetto a dover progettare, dovrebbe rispondere a questa domanda cruciale, tracciando linee e schemi distributivi. Bene, se fossi io quell'architetto (il primo architetto) progetterei così il mio carcere. Un grande muro di cinta, quadrato e duro, alto e forte racchiuderebbe dentro di sè cinque diveri edifici, immersi nel verde e nella natura. Ognuno dei diversi edifici risponderebbe a specifiche necessità di incarcerazione.
 
- Il primo edificio sarebbe una fabbrica, cattedrale in cemento armato, con un alto comignolo rosso che gobbo si staglia nel cielo terso di settembre. Lì metterei tutti i carcerati, che per un motivo o per l'altro, hanno compiuto reati minori-accettabili. A loro siamo ancora in grado di dare una seconda occasione, ma che si paghino con il lavoro i soldi che ci costano (hanno almeno presente quanto ci costano ogni giorno?). La produttività sarà il prezzo per il nostro indulto. Probabilmente questi edifici potranno essere lottizzati da grandi Multinazionali (per ora diciamo anche dei grandi centri IKEA, come suggeriscono).
- Il secondo edificio sarebbe una sala-bingo, posticcio fabbricato post-modern, ignobile edilizia piena di stucci e colonnine tardo-gotiche, con grandi slot-machine e roulette variopinte. Lì ci sarebbero tutti quelli che delinquono perchè non potrebbero altrimenti; i grandi figli delle periferie e delle 167, le madri e i padri della palazzine economiche & popolari. Per gli ultimi, in definitiva, la grande opportunità di sbancare e riscattarsi dalla ristrettezza dei ghetti in cui sono  da sempre relegati. "BINGOOOOO!" -prendi il malloppo e sei subito fuori a rifarti una vita. Problema ovviato con saggezza, e anche un piccolo tornaconto per il Monopolio di Stato, che spilla i soldi che i parenti  mandano ai reclusi, per tentare la sorte e vincere la libertà.
- Il terzo edificio: la tintoria. Semplicemente un grosso impianto auto(uomo)-lavaggio in cui poter chimicamente sbiancare i negri,i gialli e quelli molto abbronzati (op.cit). Tu, armeno o somalo che sia, che delinqui con il tuo solo esistere fisico, con il tuo essere qui (qui, a casa nostra!) sarai reinserito alla meglio maniera nel mondo lì fuori. Finalmente non dorvai sentire quei fastidiosi schiamazzi e gli indecenti cori da stadio, che ricordano la tua somiglianza innegabile alla scimmia. Ti smacchieremo, ti sciacqueremo a secco e in centrifuga, nelle nostre lavatrici-per-umani; ti spelleremo vivo se sarà necessario. Ma ti promettiamo che uscito di qui, nessuno più ti discriminerà per il colore della tua pelle, insieme combatteremo la fastidiosa immigrazione clan-destina!
- Il quarto edificio (se io fossi il primo architetto di cui vi ho parlato) indubbiamente sarebbe un canile, dove stipare e accogliere tutti i matti, gli psicolabili, i maniacali e gli handicappati. Un lungo corridoio al centro, e poi a destra e sinistra delle grosse gabbie, dove recluderli finchè qualche bambino non scelta di prendere loro. Prima però dovranno essere misericordiosamente lobotomizzati nel nome del Signore; così facendo saranno mansueti e tranquilli, mentre mangieranno nelle ciotole sudice, defecando negli angoli delle loro gabbie. La loro unica speranzosa via d'uscita, è la via della pietà e della compassione, lo sguardo del bambino che con gli occhi lucidi, dice: "Voglio lui!,me lo prendi papà?". La loro nuova vita da animale domestico, fortuna di randagio.
- L'ultimo palazzo, simile ad un torrione, infine sarebbe il macello. Lì ci spediamo tutti gli ergastolani, che non avendo nessuna possibilità di redenzione, non potendo più essere recuperati per la società civile, sarebbe solo dispendioso mantenere. Molto meglio macellarli, triturarli e farne salsiccie e bistecche, da servire nei grandi ristoranti a cinque stelle. Il resto delle frattaglie e degli scarti saranno invece utilizzati per sfamare le mucche dell Illinois e della Brianza. ( dell'ergastolano non si butta via niente).
 
 
All'ingresso della prigione, sul cancello di ottone e ghisa battuta, una enorme scritta che recita l'epiteto del poeta cecoslovacco (Kundera) : LA MERDA NON ESISTE !
Perchè come la Merda, le carceri e tutte le brutture che al suo interno accadono sono un Kitsch: io so che esistono e che sono qualcosa di disumano, tu sai che esistono e che sono qualcosa di barbaro, ma noi nel nome di un tacito patto sociale non ne parliamo per la loro inaccettabilità estetica. Così, come per magia, le carceri (come la merda) non esistono !
 
 
 

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