martedì 11 dicembre 2012

La Grande Città

 
C'era una volta una città chiamata Europa. Quella città un tempo era un agglomerato di paeselli e boghi.Ogni borgo era una realtà autonoma, ognuno aveva le sue strade (alcune erano malconce e altre erano solo sentieri) e ognuno aveva le sue specificità: c'era un borgo medioevale pieno di artigiani d'eccellenza e piccole botteghe, con monumenti sì belli e a volte tenuti male (tanta corruzione e malavita, ma andava bene così). C'era poi un paesino piccolo ma pieno di risorse, con una grande flotta e tanti pescatori (e quindi tanto pesce). C'era poi la cittadella-industria, con tanto lavoro e tanta produttività, con un'economia solida ed efficiente. C'era il borgo della cioccolata e della birra, le piccole cittadelle del Nord,quasi deserte ma con tanti giovani in gamba. Insomma, di boghi e paeselli ce n'erano tanti (ognuno con le sue rogne e con le sue eccellenze) ed erano sparsi uno lontano dall'altro.
C'era tanta campagna che li divideva, e delle autostrade che li collegavano.
Ma un giorno venne un architetto, dall'accento forte (mezzo matto come tutti gli architetti), che andò dai sindaci di tutti i piccoli borghi e disse:
-"Io ho intenzione di costruire una grande città,anzi La Grande Città; una città unica, una città che inglobi tutti i piccoli borghi. Una città moderna, una città nuova, una città meravigliosa. Piena di giardini,di infrastrutture. Ci saranno gli ospedali per gli ammalati, e le industrie per produrre; ci saranno tanti centri commerciali per comprare e tante case da costruire. Sarà un affare per tutti."
 
Disse così l'architetto, con il piglio entusiasta di ogni urbanista lusingato dalle sue stesse utopie urbane. E quando l'architetto parlò, i sindaci dei paeselli erano ammaliati, totalmente incantati dalle promesse della città nuova. Accettarono prontamente, senza chiedere il parere dei loro cittadini, pensarono: "Caspita, ma un'occasione così quando mi ricapita?". Tornarono ognuno nel proprio paese e tennero un discorso solenne ai campaesani. I toni erano esaltati, le prospettive erano strabilianti, il futuro stava bussando alle loro porte e lo faceva in marcia trionfale. I paesani, (tutta gente di campagna e popolino,intendiamoci) non potevano che compiaciersi di tale manna dal cielo.
Da lì a poco presero i lavori per La Grande Città, e le stade e i quartieri furono tutto un cantiere. Si costruiva, e si costruiva e si costriva senza sosta. La città prendeva sempre più forma mattone dopo mattone, tangenziale dopo tangenziale, stazione dopo stazione.
Viverci poi fu uno sballo all'inizio. Adesso si poteva andare a lavorare nella cittadella-industria e comprare  birra nel borgo dei birrai, si potevano visitare le chiese del borgo modioevale, e fare shopping lungo il boulevard della scimmia.
Diciamoci la verità, La Grande Città era una pacchia, una benedizione.
 
 
Poi venne il giorno in cui il borgo medioevale, la cittadella sul mare di/là e quella sul mare di/qua, vennero sventrate e al loro posto furono costruiti grandi blocchi, edilizia di quart'ordine dall'architettura dura e severa. Lentamente alcuni borghi furono sostituiti da enormi palazzoni di cemento, insomma delle Banlieues terribili e senza grazia, luoghi di alienazione e fortemente isolati, fortemente periferici al grande centro.
Già, l'architetto non aveva detto a tutti che La Grande Città ha bisogno di grandi periferie. Senze le grandi periferie ( luoghi senza negozi e senza servizi, senza monumenti e senza giardini ) il gande miracolo non poteva compiersi. Le regole affichè la grande città funzionasse erano molto semplici: doveva esserci un centro dove vendere e comprare le merci prodotte, una zona industriale dove produrre, e delle periferie che dotassero le industrie della manovalanza di cui c'è bisogno, affichè la grande macchina della grande città potesse funzionare.
La gerarchia era molto severa, la città doveva essere così. Ma evidentemente la luna di miele non poteva durare a lungo. La città dopo un pò di tempo divenne invivibile, piena di smog e con alti tassi di criminalità, la disoccupazione era schizzata alle stelle e le industrie chiudevano, e addirittura negli ospedali si entrava solo per estrazione a sorte (la grande città non poteva curare tutti i suoi cittadini). Insomma, non era proprio come avevano promesso, così il primo giorno del mese dei barbagianni,  dalle banlieues vennero fuori in migliaia, vennero fuori con le spranghe e con le molotov. Quell'onda di disperati non voleva più vivere nella Grande Città. La Grande Città però aveva bisogno di loro, così il Grande Architetto della Grande Città salì sulla torre di ebano, la più alta di tutta la contea, e disse ai suoi cittadini: 
-"E' vero, la città non è come vi avevo promesso, oggi è caotica e malsana, pericolosa e violenta, ma non tutto è perduto.  Ormai dalla Grande Città non si può tornare indeitro; la città può e deve essere più grande, perchè abbiamo bisogno di più industrie e perchè con l'edilizia creeremo milioni di posti di lavoro. Costruiremo grandi opere pubbliche, gasdotti ed inceneritori, sale bingo e grattacieli altissimi, organizzeremo un incredibile Expo sulla luna e doteremo le vostre periferire di tanti musei dell'arte contemporanea.
La Grande Grande Città sarà bellissima, dovete avere fiducia nella Grande Città.
Costruiamola insieme, costruiamola adesso !"
 

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